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Le Solite Ignote

Dal 6 al 16 giugno 2018
Le Solite Ignote

Le Solite Ignote

Per la rassegna di drammaturgia “Sguardi contemporanei”, Manuela Cherubini si cimenta, ancora una volta, dopo aver guadagnato nel 2010 il premio Ubu per l’adattamento dello spettacolo “Bizzarra”, con un testo di Rafael Spregelburd, attore, drammaturgo e regista argentino, tra i più importanti sulla scena mondiale. Si tratta di “Acassuso”: nella versione italiana, “Le solite ignote”.

La rappresentazione è intrisa delle tematiche più care a Spregelburd, a cominciare dall’attenzione alle periferie geografiche, sociali, ma anche dello spirito. Non si dimentica neppure un’attenzione costante, ora cinica, ora divertita, ora partecipe, all’impatto della casualità sulla vita di ciascuno, in particolare per le esistenze più fragili.

Fin dal titolo scelto per la versione italiana si intuisce però che quella della Cherubini non è una mera trasposizione. Impossibile infatti non andare con la mente anche al capolavoro cinematografico di Monicelli “I soliti ignoti”/em>, immaginando in qualche modo un parallelo tra le giovani maestre protagoniste della vicenda che va in scena e i componenti della sgangherata banda di “Peppe er Pantera” e di Tiberio Braschi, cui Vittorio Gassman e Marcello Mastroianni nel 1959 prestarono il volto.

Anche ora come allora, anche nella scuola dipinta da Spregelburd e dalla Cherubini come nelle periferie romane del secondo dopoguerra, citando Flaiano “la situazione è grave, ma non seria”. Non si intravvede un contatto tra i programmi, le direttive, i grandi temi all’ordine del giorno e una quotidianità fatta di scontro con la mancanza di risorse e il degrado che rischia di logorare anche il più robusto entusiasmo, fino a volgerlo in disperazione, quando non addirittura in meschinità.

Ci si rifugia nell’ostentata indifferenza, cercando di scavare per sé una piccola nicchia che sia, o perlomeno sembri, in qualche modo protetta. Un guscio di abitudine che non di rado diviene puntuto, aspro, per tenere ben separato dalla cruda realtà quell’animo che, quasi suo malgrado, continua a cogliere ogni minuscola occasione per sognare un futuro migliore.

“Il mondo è dei coraggiosi”, scandisce la direttrice della scuola alla sua vice, per esortarla ma anche per confortarsi, dopo aver rischiato tutto su una scommessa che pare già persa in partenza, pur di liberarsi dall’opprimente languore di una frustrazione che pare non aver fine. Chissà che almeno il caso non decida, come per le mani fortunate al casinò di Aleksej Ivànovic (protagonista de “Il Giocatore”, di Dostoevskij), di mostrarsi amico, per una volta, per un momento, del debole.

Malgrado la tematica impegnativa e il taglio diretto, lo spettacolo è molto godibile, inframezzato da battute ironiche, nella tradizione agrodolce di una tragicommedia che si intuisce all’italiana: l’ottima prova corale delle attrici e degli attori garantisce un ritmo sostenuto, ma mai asfissiante. L’attenzione rimane desta, ma la battuta e la scena del momento non rubano spazio a un secondo livello di lettura, a una riflessione critica profonda ma mai greve, che costituisce forse la cifra contenutistica e stilistica più rilevante di questo prezioso spettacolo.

Damiano Verda